Per molto tempo ho cercato di spiegarmi perché Bagatelles pour un
massacre fosse l'unico libro veramente infernale prodotto dalla
letteratura francese dopo Choderlos de Laclos.
Ogni metodo usato per situare o circoscrivere questo disumano atto
d'accusa e di autoaccusa rischia di apparire funesto o ridicolo:
ridicole le motivazioni patologiche (« un momento di follia ») e quelle
estetiche (« L'antisemitismo è solo una metafora dell'odio per il mondo
»); funeste quelle psicologistiche (« Céline vuole fare scandalo perché
in una fase di impotenza creativa ») e quelle enigmatiche (« Bagatelles
è un pamphiet antisemita ma noi non sappiamo cosa siano gli ebrei per
Céline »).
Per quanto queste sciocchezze contengano sempre un riverbero di verità,
la realtà è che la materia di questo libro, più che ributtante è
intrattabile, impermeabile a qualsiasi giudizio che non pretenda di
usarla.
Come molti, ho creduto che questo libro derivasse un suo fascino dal
fatto di essere una delle poche cose ancora proibite che la letteratura
potesse offrire. Il proibito si dà a noi con una seduzione di qualità
sofferente, come una derivazione laica, volgare dell'enigma,
quell'enigma che -- in modo paradossale -- riesce pur sempre a proporsi
come estetica.
L'estetica di Bagatelles ha una connotazione assai precisa, quella della
crudeltà. Tuttavia, non è la crudeltà a rendere infernale questo libro.
Swift, ad esempio, è uno scrittore crudele e Una modesta proposta si
tiene, per alcuni aspetti, assai vicino a Bagatelles ma non è infernale.
In cosa consiste codesta qualità rara, sofferente, intrattabile che si
definisce infernale?