E un'autobiografia collettiva quella che ci racconta Matteo Amati, dalla
quale non emerge solo un '68 diverso da quello che vede protagonisti
studenti e operai, ma tutta un'Italia diversa - come scrive Guido
Crainz - minoritaria per vocazione e per essenza, generosa per natura e
per scelta. Dall'infanzia a Bagni di Tivoli, a fianco dei lavoratori
nelle cave di travertino, alle battaglie per l'obiezione di coscienza,
dall'esperienza nelle baracche dell'Acquedotto Felice con don Roberto
Sardelli alla comunita di Capodarco, dal movimento per il recupero delle
terre incolte alla creazione di cooperative sociali: anche quando
approda all'impegno istituzionale, la vita di Amati procede senza sosta
a fianco degli ultimi, in difesa dell'integrazione e dei diritti degli
emarginati, dei portatori di handicap fisici o di disagio psichico. E
non mancano gli incontri: don Luigi Di Liegro, Giulio Carlo Argan, Luigi
Petroselli, Pio La Torre, Antonio Cederna, Danilo Dolci, visti come
maestri e come compagni di strada, sfilano insieme a uomini e donne che
non trovano posto nelle ricostruzioni ufficiali, ma che di quelle storie
hanno fatto parte e non vogliamo dimenticare.